Nove Colli 18.05.2008

Domenica 18 Maggio 2008, 10000 ciclisti provenienti da tutto il mondo si sono dati appuntamento a Cesenatico per l’ennesima edizione della mitica Gran Fondo internazionale Nove Colli. Anche noi del team Slyway possiamo dire “io c’ero”. Alle 5.30 suona la mia sveglia, il cielo è coperto, grigio, e non promette nulla di buono, ma almeno non piove…ancora. Le previsioni dicono che rimarrà coperto, con possibili schiarite e possibili rovesci temporaleschi (andiamo bene!). Mentre mi preparo, decine anzi centinaia di ciclisti, sono già nelle rispettive griglie di partenza alle porte di Cesenatico. Si dice che i primi fossero in griglia già dalle 4 del mattino! Sono pronto, preparo una borraccia con i sali, metto in tasca qualche confezione di zuccheri in gel, e oggi prendo con me anche la telecamera, per documentare i momenti più belli della gara. Il Chip, quel microcircuito infernale che permette ai cronometristi di prendermi il tempo e stilare le classifiche, oggi scelgo di lasciarlo in macchina, perché non è mia intenzione fare “il tempo” migliore dello scorso anno, ma divertirmi se possibile ancora di più. E per divertirmi il Chip non mi serve, anzi. Indosso il casco MET nuovo di pacca (ringrazio lo sponsor MET helmets, ed in particolare Giorgio e Annalisa con i quali ho condiviso un divertente Sabato presso lo stand MET alla fiera Ciclo&Vento). Entro timidamente nella griglia blu, e nonostante il grigiore, la mia sensazione è che oggi saremo molto fortunati. Arriva anche Davide, e forse qualche altro “reclinato” è già più avanti di noi.

Alle 6.15 iniziamo a scorrere, prima a piedi poi con brevi colpi di pedale. Appena attraversata la ferrovia, posso agganciare le scarpette ai pedali automatici ed iniziare a spingere, mentre lo speaker ci nota passare sotto lo striscione di partenza, e richiama l’attenzione del pubblico salutando “queste biciclette provenienti da un’altra cultura”. Smettiamo di ridere solo dopo qualche chilometro, quando troviamo due ciclisti che probabilmente impigliandosi tra loro ad alta velocità, sono volati rovinosamente a terra perdendo conoscenza. La nostra gara continua con il proposito di prestare la massima attenzione, anche perché la strada è ancora bagnata per la pioggia caduta durante la notte. Quando siamo ancora nel tratto di pianura che ci conduce ai piedi del primo colle, qualche goccia inizia a cadere. Nessuno parla, ma tutti pensano la stessa cosa! I più prudenti (o più paurosi) si fermano a lato della strada e indossano la mantellina anti-pioggia. Con la concentrazione degna di un olimpionico continuiamo a spingere sui pedali, facendo finta che due gocce di pioggia in fondo rinfrescano l’aria e rendono il clima ideale per lo sforzo fisico che ci aspetta. Mentre li superiamo, tanti ciclisti si spaventano ed esclamano sorpresi, in tutti i dialetti italiani e stranieri: “Ohh mamma!

Madooo!

Mamma mia!

Uhh! Cos’è?

Credevo fosse in impennata!

Credevo fosse un cane!

Ho visto arrivare due piedi!”

La salita di Bertinoro è la prima difficoltà della giornata. Mi sento bene, e decido di mantenere un ritmo sostenuto, ma è praticamente impossibile! La difficoltà non è la pendenza, ma l’intasamento. Le strada si restringe e siamo così numerosi e vicini uno all’altro che puoi sentire il battito del cuore di chi ti è a fianco. Una lieve sbandata può essere fatale, ed obbligarmi a mettere il piede a terra, se va bene, o cadere, nel caso peggiore. La salita insomma è un esercizio di equilibrismo a velocità bassissima, su fondo bagnato… PATATRACK!!! Alle mie spalle, un suono forte e chiaro di ciò che ho evitato: forse una cambiata non riuscita ha fatto cadere la catena e perdere l’equilibrio ad un ciclista che cadendo ha coinvolto inevitabilmente i suoi vicini. A noi è andata molto bene, infatti vengo a sapere solo a fine gara che per migliaia dietro di noi, il colle di Bertinoro si è trasformato in una poco piacevole passeggiata a piedi (se sei un ciclista!) Le energie ci sono, l’entusiasmo è grande, inizia la discesa. La strada è ancora umida, ma in modo irregolare, e ti costringe ad ogni curva a valutare attentamente se, dosando la frenata sull’anteriore e sul posteriore, a quella velocità, con quella inclinazione, le tue gomme, gonfiate a quella pressione, possono rimanere aggrappate all’asfalto di quel tipo, con qualche crepetta attorno, e qualche fogliolina bagnata che rende tutto più aleatorio… La discesa è breve, e si torna subito a salire: Colle Polenta.

Mentre supero in salita un bel numero di ciclisti ancora molto allegri e con più voglia di scherzare che di pedalare, rispondo alle domande sulla mia bici, con la solita pazienza che solo chi pedala reclinato conosce. La seconda discesa è più lunga della prima, e la percorriamo ad andatura turistica. Siamo tutti d’accordo che non vale la pena rischiare per avanzare di una o due posizioni. L’accoglienza che i “gestori” del primo ristoro (solo idrico) mi riservano è decisamente eccezionale. Mi metto in posa per le foto, e accontentate le curiosità dei volontari, riparto con un pieno di sali squisiti nella boraccia (al gusto di ribes rosso). Il terzo colle è già conquistato, oggi le salite mi sembrano più facili del solito, e dopo metà gara mi sento ancora fresco come appena partito. Ancora un ristoro, questa volta completo di ogni golosità possibile. Decido di aspettare Davide e nel frattempo mi concedo assaggi di crostate fatte in casa, con una pasta frolla da maestro. Anche il cielo si apre un pochino, a tratti il sole si concede, ed il panorama spazia dolcemente sui colli romagnoli. Eccolo! Ancora insieme, scendiamo in picchiata verso la prossima salita, il colle Ciola. A ridosso della prima rampa, in corrispondenza di un tornante, troviamo il ristoro degli “abusivi” (una esclusiva della Nove Colli) che con “etilica” allegria tentano molti di noi, quasi rincorrendoci con bicchieri di lambrusco frizzante e focaccie profumate ripiene alla salsiccia! Le gambe girano molto bene; riprendo la salita con un ritmo “impegnativo” che mi separa da Davide, e decidiamo di ritrovarci sul GPM del Barbotto. La discesa dal Ciola è uno dei tratti più divertenti di tutto il percorso fino ad ora. Una strada larga, pulita e asciutta, mi consente di prendere velocità, molta velocità, (più di quella che immagini) e mi sembra di piegare come un bob nelle curve paraboliche, perché le gomme sono incollate all’asfalto e posso fare quello che solo chi pedala reclinato può fare… La giostra è finita, ora viene il bello.

Un cartello giallo a lato della strada segnala inequivocabilmente che ha inizio il temibile colle del Barbotto. Tutte le salite sono segnalate con un cartello simile, ma fino ad ora, ho preferito non leggerli (voltando lo sguardo dall’altra parte), per non sapere quanti chilometri, quale pendenza… Nei primi chilometri di salita risparmio la gamba e le energie per il finale. Ad un chilometro dal GPM sfodero la mia telecamera ed inizio a fare prove tecniche di trasmissione: spingere al 18% in salita con una mano sola, e fare buone riprese con l’altra mano, non è subito facile, e quando mancano 200 metri alla vetta punto l’obiettivo diritto davanti a me, per registrare cosa si può fare con una “poltrona a pedali”. Lo speaker, è ancora lui. L’animatore “proveniente da un’altra cultura” che ci ha salutato alla partenza, mi accoglie con entusiasmo tra i primi 4000 mila giunti alla vetta. Parcheggio la bici e mi apposto pazientemente per immortalare anche l’arrivo in disinvoltura di Davide, che dopo la scalata del Mortirolo, non teme salite “minori”. Siamo a tre quarti di gara, quando inizia un altro tratto veramente trooooppo divertente. Percorriamo i 20 km di discesa pedalabile verso Savignano sul Rubicone ad una velocità incomparabile rispetto a quella dei ciclisti che ci vedono sfrecciare via come meteore. Woooommmmm!!! Sembra di essere in sella ad una moto; spingo il 56×12 impostando qualche tornante con fiducia a volte eccessiva nella buona sorte…

Quando la pianura ci accoglie, Davide prende stabilmente il comando del gruppo (ciò noi due, perché nessun altro riesce a stare a ruota a questa velocità) ed inizia a tirare ad una media che chilometro dopo chilometro mi lascia veramente strabiliato. In lontananza un gruppo che decidiamo di “andare a prendere”. Ci diamo qualche cambio e li abbiamo presi, ma senza un secondo di respiro, Davide riparte all’inseguimento di un altro gruppo quasi invisibile all’orizzonte. Non ci posso credere! Ora, un semplice cavalcavia, a questo ritmo, mi costa quasi di più di una salita lunga chilometri. In cuor mio, mi auguro che possa finire prima possibile, e non sono sicuro se riuscirò a restare a ruota ancora per molto. Provo un rapporto più agile ma è ancora peggio, provo più duro, ma non cambia nulla; il problema non è il rapporto, ma l’andatura insostenibile del mio compagno di squadra; da un momento all’altro mi potrei arrendere; se dopo una curva o un dosso non riuscissi più a rilanciare… In lontananza appare il grattacielo di Cesenatico. E’ fatta!!! Sono le 11.45, alle nostre spalle 134 km e 2000 metri di salite, davanti a noi il lungo rettilineo di arrivo, con una mare di folla ai lati, lungo le transenne che ci applaude e ci festeggia. Dopo questo bagno di folla, ancora un incontro straordinario. Una biondina armata di microfono mi avvicina, accompagnata dal suo cameraman: “Siamo in diretta su Teleromagna”; ma non subito, tra due minuti, dopo la pubblicità.

 

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: