Maratona dles Dolomites 01.07.2007

 

Non sono ancora trascorse dodici ore dal nostro arrivo sotto il traguardo della Maratona delle Dolomiti, e l’endorfina nelle vene scorre ancora a fiumi…

Ma andiamo con ordine. Tutto è cominciato venerdì sera, quando ho iniziato a prepararmi interiormente alla Maratona, percorrendo le strade dolomitiche con gli occhi della mente, visualizzando me stesso mentre affrontavo le salite con facilità, ad andatura sostenuta, dai primi chilometri, passo dopo passo, fino al traguardo finale di Corvara. La gara vera e propria, invece, è iniziata questa mattina, con una temperatura bella fresca ed un cielo terso a fare da cornice per una partenza spettacolare, degna di un evento internazionale di questo calibro. Elicotteri in volo per riprendere la marea umana di 8500 ciclisti provenienti da 37 nazioni. Diretta su RAI 3 dall’inizio alla fine. I primi 50 km attorno al massiccio del Sella, con le salite al Passo Campolongo, Passo Pordoi, Passo Sella e Passo Gardena, sono un’esperienza di massa. Non capita spesso di correre fianco a fianco (a volte anche rischiando il contatto) con ciclisti tedeschi, austriaci, spagnoli, inglesi, americani (tante anche le donne)… Nella folla variopinta puoi incontrare gruppi allegri e gioviali, coppie affiatate, tandem, intere squadre che fanno corpo unico, trenini velocissimi che si danno il cambio regolare, biciclette ultraleggere e ultra-costose, a fianco di mountainn bike economiche, e naturalmente le nostre biciclette reclinate.

Lungo la discesa dal Passo Sella vedo sul ciglio della strada un ciclista a terra, privo di sensi, soccorso da un compagno (purtorppo non è la prima volta che accade), e mi ricordo che le discese sono una cosa seria, da affrontare con la massima prudenza. Passato per la prima volta il tragurado di Corvara, che segna la fine del percorso corto, inizia un’altra gara, quella dei percorsi medio e lungo. Saliamo per la seconda volta sul Campolongo, ed il confronto con la freschezza e la velocità del passaggio precedente è uno specchio sincero ed inevitabile delle forze spese nella prima parte di gara.

Un veloce trasferimento in leggera discesa ci porta da Arabba fino ai piedi del Passo Falzarego (l’ultima salita del medio). Questa ascesa, come le precedenti, non è particolarmente dura, ma i chilometri già percorsi hanno sfoltito il gruppo, e questi ultimi 9 km in salita, sono per tutti un’esperienza puramente solitaria. I saluti, le conversazioni, le telefonate al cellulare, le pacche sulle spalle, dei primi chilometri di gara sono scomparsi, per lasciare il posto ad una andatura composta, regolare, e taciturna. Il silenzio regna sovrano sulle rampe del Falzarego. Puoi sentire l’acqua di un ruscello, gli uccelli sui rami degli alberi, il ritmo del tuo respiro, ogni battito del tuo cuore. Meno quattro chilometri, meno tre, meno due, meno uno, eccoci al Passo Falzarego! Ma non basta, perché subito la strada svolta a sinistra, e vediamo davanti a noi ancora una rampa di 500 metri, completamente diritta, che porta allo scollinamento definitivo in Val Parola. Adesso possiamo dire che è fatta! Ci separa dal traguardo una lunga e velocissima discesa che grazie alla mia bicicletta diventa ancora più veloce e divertente.

Non puoi misurare una bicicletta reclinata solo in funzione del peso, o del rendimento in salita, solo in funzione del comfort, del divertimento, o del vantaggio aerodinamico, perché una reclinata è una sintesi spettacolare di questi fattori, e chi ci ha incontrato oggi sulle strade delle dolomiti, lo ha potuto constatare di persona, dandoci riscontri divertenti e appassionati. Un saluto particolare va a Cristine, impiegata nell’ufficio amministrazione dell’Università di Vienna, con cui ho condiviso la seconda metà di gara. Come dice Christine: “mi piace pedalare tutti i giorni, perché la vità è troppo breve per pensare solo al lavoro”

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